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Transumanza

a cura di Livia Gualtieri

30 Agosto 2022

Transumanza: ”Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare”.

La scuola ci ha insegnato questi versi di D’Annunzio e questo mese che ci conduce verso l’autunno li riporta alla memoria con le immagini delle tradizioni a cui si legano.

Tradizioni antichissime, direi ancestrali, quelle della transumanza, il trasferimento delle greggi per assicurare loro nutrimento e condizioni climatiche ottimali tutto l’anno. In estate mandrie e greggi risalivano verso gli alpeggi, o comunque a quote più alte, alla ricerca di climi più freschi e in autunno discendevano a valle per sfuggire al clima rigido.

La parola ha chiaramente un’etimologia latina, da trans humus, transitare sul terreno. E l’usanza data indietro di millenni, con una diffusione in gran parte dell’Europa e in tutto il bacino del Meditarraneo.

In tempi più antichi rappresentava, soprattutto per l’Italia centro/meridionale, una vera e propria istituzione. Tanto che, nel Regno di Napoli, vi erano degli enti preposti, creati dagli Aragonesi già nel XV secolo: la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e la Doganella d’Abruzzo, che regolavano questo importante evento della vita pastorale.

Tratturi

Gli animali, accompagnati dai pastori e dai cani, si muovevano lungo i tratturi, sentieri erbosi molto larghi, lungo i quali si trovavano le stazioni di posta e i riposi, aree destinate alla sosta delle greggi. Sui percorsi si potevano trovare chiesette, icone sacre e cippi indicanti il percorso, come le pietre con la sigla RT (Regio Tratturo) che segnarono i cammini dal XV al XIX secolo.

La letteratura ha spesso citato questi sentieri e la pratica della transumanza. Non solo D’Annunzio, ma anche Silone in Fontamara e, in tempi più antichi, i latini Varrone, Virgilio e Plinio il Giovane.

Oggi lo spostamento degli animali avviene principalmente via camion ed autotreno, per la maggiore rapidità e i costi minori. Ma vi sono ancora alcuni coraggiosi pastori che mantengono viva questa antichissima tradizione, con tutto il patrimonio di storia, cultura della terra e gastronomia che ad essa si lega. E, spesso, questi viaggi si trasformano in occasioni turistiche per coloro che vogliano riscoprire le radici della nostra pastorizia e le storie di uomini forti e temprati dal lavoro e dal clima che hanno fatto grande la nostra terra.

Veri e propri cammini con l’incontro di tradizioni, cibo e mestieri che costituiscono la spina dorsale della nostra storia e che l’industrializzazione e la modernità hanno ridotto ma mai del tutto piegato.

Così come non si piega la volontà di chi non dimentica le proprie origini e il proprio glorioso, seppur faticoso, passato.

Persone che hanno competenze, non solo nella pastorizia, ma anche climatiche e legate all’ecosistema in cui si muovono. E che, tramite rituali, feste e artigianato, valorizzano il proprio ambiente, al punto che l’Unesco, nel 2019, ha decretato la transumanza Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità

 





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