a cura di Alfio Mirone - Raccontatore teatrale
Chi resta
Matilde Vigna e il rapporto madre-figlia
Da Raccontatore teatrale, ho avuto il privilegio di attraversare molteplici porte che si aprono su mondi narrativi diversi, vivendo storie che oscillano tra il drammatico e il comico, il reale e l’immaginario. Tuttavia, ogni teatro ha la sua aura unica, una novità che attende di essere scoperta. La mia prima volta al Teatro Biblioteca Quarticciolo, per assistere a Chi Resta, ha rappresentato proprio questo: un’esperienza nuova in un contesto che mi era finora sconosciuto, ma che mi ha accolto con una storia intensamente palpabile e riccamente sfaccettata.
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Un teatro, in un quartiere popolare di Roma, che rivedrò nuovamente il 24 marzo per ritrovare uno spettacolo già caro al mio cuore, al quale ho avuto il piacere di assistere numerose volte.
Chi Resta, grazie alla visionaria regia di Anna Zanetti, si dipana come un delicato viaggio attraverso il complicato rapporto madre e figlia. La trama, intricata e profonda, esplora la perdita, il ricordo, e la rielaborazione della memoria con una notevole dose di sensibilità. Il dialogo tra il tangibile dolore della figlia rimasta e l’eterea assenza della madre scomparsa crea un tessuto narrativo di rara empatia e complessità.
Matilde Vigna
La storia si sviluppa intorno alla figura della figlia, interpretata magistralmente da Matilde Vigna, una donna che si trova a navigare il mare tormentato della perdita. La sua è una lotta per ritrovare un senso nella vita dopo la scomparsa della madre, interpretata da Daniela Piperno, un personaggio che, nonostante la sua assenza fisica, permea ogni scena con una presenza sentita e significativa. Il rapporto tra le due, raccontato con dialoghi intensi e momenti di silenzio carichi di significato, diventa un ponte tra il qui e l’aldilà, tra il ricordo e l’oblio.
Il monologo
Il punto culminante dello spettacolo è il monologo finale di Matilde, un momento di straordinaria intensità emotiva che serve come fulcro dell’intera opera. Le sue parole non solo riassumono la tematica dell’assenza e della memoria ma invitano anche a una riflessione più ampia sull’esistenza umana, sul legame indissolubile tra genitori e figli, e sulla capacità di andare avanti nonostante il dolore. Questo monologo, per la sua forza evocativa e la sua profondità, si rivela come il cuore palpitante dell’opera, un momento in cui la narrazione supera la scena per toccare direttamente l’animo dello spettatore.
Chi Resta rappresenta quindi non solo un’esplorazione del lutto e della ricostruzione personale ma anche un’indagine sulla natura stessa dei legami familiari e sulla resilienza dell’essere umano di fronte alle avversità della vita.
La mia prima visita al Teatro Biblioteca Quarticciolo è stata segnata da questa intensa esperienza narrativa, che mi ha lasciato con riflessioni profonde e un’ammirazione rinnovata per la capacità del teatro di esplorare le complessità dell’esistenza umana. Ritornando a casa da questo spettacolo, porto con me non solo la memoria di una bellissima performance ma anche la certezza che il teatro, in tutte le sue forme, rimane uno spazio vitale per la condivisione delle nostre storie più intime e universali.