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La Cerimonia del Tè

a cura di Livia Gualtieri

8 Maggio 2023

La Cerimonia del Tè

Guardare la luna piena, luminosa come lanterna nel blu profondo del cielo di Maggio e pensare ad una tazza di ceramica in una Casa da tè giapponese. Non è certamente un’associazione mentale comune, ma potrebbe essere il punto di partenza per un viaggio all’insegna dell’arte e della filosofia orientali.

È così che entriamo in una Chashitsu, una casa del tè, per assistere idealmente ad un rituale che affonda le sue radici nell’antichità della Cina.

In quel paese il tè era usato principalmente per scopi medici, ma i monaci buddisti recatisi lì per studiare la disciplina zen, ne portarono i semi in Giappone, iniziandone la coltivazione nei giardini dei monasteri per poi assegnare alla bevanda un significato più profondo e spirituale.

La cerimonia del tè, la cui importanza rituale è testimoniata dall’uso del verbo tateru (celebrare) anziché suru (fare), è detta Cha no yo, letteralmente acqua calda per il tè ed è rigorosamente scandita da gesti codificati nei secoli dai più importanti maestri del tè, in particolare da Sen No Rikyu, che ne stabilì le regole improntate a sobrietà e semplicità, in contrasto con lo sfarzo precedentemente esibito dalle classi abbienti.

Nella stanza si entra attraverso una porticina bassa che costringe tutti gli invitati ad inchinarsi in segno di rispetto, senza distinzione di classe. Quindi il celebrante esegue ogni gesto con calma studiata, per infondere negli ospiti un senso di pace che è lo scopo fondamentale del rito.

Armonia – Rispetto – Purezza – Tranquillità

Le quattro regole da seguire sono Armonia, tra i partecipanti, tra essi e la stagione e gli oggetti usati. Rispetto, verso ogni persona e perfino ogni oggetto. Purezza, da ottenere nell’ambiente tramite pulizia e nella mente dei parecipanti, lasciando fuori negatività e attaccamento alle cose mondane. Tranquillità, da raggiungere tramite il rito.

Il tè adoperato è il matcha, che viene preparato, non per infusione, ma per sospensione, mescolandone la polvere in acqua calda nella tazza (chawan) con un frustino di bambù (chasen) fino ad ottenere una schiuma verde brillante.

Questo particolare tè, avendo un alto contenuto di caffeina, aiutava i monaci a restare svegli durante le lunghe ed estenuanti ore di meditazione e a mettersi in contatto con la parte più profonda di sé.

Noi occidentali, abituati per lo più ad un veloce caffè o ad un cappuccino nel caos mattutino di un affollato bar, guardiamo con curiosità mista a scetticismo ad un rituale che racchiude in sé tutta l’essenza della spiritualità e dell’antica saggezza d’Oriente.

Ma, accostarsi a questa cerimonia, sarebbe l’occasione per riscoprire il piacere della lentezza qui così negletta e imparare, tra mille rumori che inquinano la nostra quotidianità, ad ascoltare l’anima in composto silenzio, come quando i petali di ciliegio cadono lentamente a terra, mossi dal lieve fruscio del vento di primavera.

E le stagioni si susseguono, ignare dei mali del mondo…”Mondo di sofferenza: eppure i ciliegi sono in fiore” [Kobayashi Issa]










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