Il cambiamento climatico in olivicoltura Il cambiamento climatico in olivicoltura Tutti i paesi che si affacciano sul mediterraneo, compresa l’Italia, sono esposti ad aumenti termici anche prolungati caratterizzati da periodi di siccità, ondate di grande caldo e fenomeni meteorologici estremi (grandinate violente). Questi anomali cambiamenti climatici risultano essere purtroppo dannosi per il comparto agricolo. Dal 2018 si è assistito ad un aumento medio annuo della temperatura di 0,4 gradi centigradi rispetto al decennio precedente (dati ISTAT). A causa delle avverse condizioni climatiche, anche la salute degli olivi è a rischio, con una significativa riduzione del numero di olive e conseguente calo nella produzione di olio. Tra le molteplici cause, sono significativi i problemi che vanno dalla siccità invernale alle gelate tardive e non ultime le prolungate piogge primaverili che hanno causato criticità nel passaggio dal fiore alla formazione del frutto. La Spagna, maggiore produttore mondiale di olio di oliva, ha registrato valori di temperature molto elevate e periodi di siccità prolungati. La carenza idrica ha compromesso lo stato di salute delle piante con una riduzione della produzione. La Spagna quindi ha ridotto ed esaurito, anche le sue scorte. In Italia, seppure a macchia di leopardo, alcune regioni a causa della carenza idrica, stanno registrando un considerevole calo produttivo. L’Umbria prevede un calo del 50%, mentre la Toscana si attesta su valori che vanno dal 10% al 20% in meno. Nel centro il calo atteso è del 50%, mentre al sud si ipotizza una riduzione del 10%. A complicare tale quadro non confortante, il potenziale attacco della mosca olearia (Dacus oleae o Bactrocera oleae), minaccia la salute dell’olivo e la sua capacità produttiva soprattutto quando il danno arriva in tarda estate. Questo problema si può arginare con la prevenzione. Presupponendo che in campo agricolo non si sbaglia il come e il …