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Argil, l’uomo di Ceprano

Argil, l’uomo di Ceprano

Introduzione alla scoperta archeologica

È il 13 aprile 1994, l’archeologo Italo Biddittu sta effettuando una ricognizione lungo il tracciato di una strada in costruzione nei pressi di Ceprano (FR), più precisamente nella località Campogrande, situata nella bassa valle del fiume Sacco. All’improvviso avviene la fortunata scoperta: i mezzi meccanici che stanno scavando vengono bloccati, sono entrati in contatto con un cranio frantumandolo, ma nonostante questo spiacevole incidente, la scoperta è grande e i frammenti vengono recuperati e studiati immediatamente. (Argil, l’uomo di Ceprano)

Danno al reperto e primo recupero dei frammenti

I danni sono a carico dell’osso frontale superiore con la perdita della parte riguardante il volto, ciò che ne rimane è il “calvario”, secondo la terminologia paleontologica, appartenente a un uomo, si pensa, vissuto più di 400 mila anni fa. I frammenti sono riusciti a conservarsi nel tempo grazie a uno spesso strato di argilla che, a sua volta, giaceva nettamente al di sotto di sabbie vulcanoclastiche. Da qui l’affettuoso soprannome di “Argil” dato da Biddittu e rimasto tale per gli anni a seguire dalla scoperta fino a oggi.

Classificazione e studi sul reperto ‘Homo Cepranensis’

Homo Cepranensis” è il nome proposto da alcuni paleontologi per identificare Argil, inizialmente ricondotto a forme tarde di Homo erectus, ma in realtà non esistono datazioni assolute per questo cranio: le datazioni relative, basate sul quadro geo-stratigrafico e paleontologico regionale, lo collocano tra 0,9 e 0,8 Ma. Recenti analisi magneto-stratigrafiche sui sedimenti lacustri e fluviali recuperati in carotaggi effettuati nel luogo di ritrovamento del reperto hanno però fornito una datazione relativa differente, più recente rispetto ai numeri pensati all’inizio.

Conservazione del fossile

La forma attuale del reperto è il risultato di un procedimento di ricostruzione iniziato nel 1994 e concluso nel 1999. Questo lavoro è stato svolto inizialmente dall’équipe del professor Antonio Ascenzi, allora presidente dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana. Generalmente il fossile è conservato presso il Servizio di Antropologia della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, ma in occasione dei 30 anni dalla scoperta, resterà esposto fino al 13 aprile presso il Museo Preistorico di Pofi, “Ecomuseo Argil”, per permettere a tutti di vederlo da vicino. Un evento importante e imperdibile!


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a cura di
Chiara Carla Napoletano


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